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Progetto <1 terza edizione/sculpture project
Marco Turlini – Simone Cesarini
a cura di Alessandra Andrini, Luca Bertolo, Chiara Camoni

Nel 1945 Arturo Martini scriveva “Scultura lingua morta”un testo cruciale per la storiadell’arte italiana: in esso poneva alcune questioni apparentemente ancora irrisolte e indicava i limiti di tale linguaggio al punto da decretarne ormai la fine.
Nonostante tali asserzioni Martini continuerà per tutta la vita ad essere scultore: qui probabilmente risiede il punto centrale di tutta la questione.
La scultura continua a essere praticata. Forse non si è rinnovata nella direzione indicata da Martini, ma sicuramente ha trovato linfa nuova contaminandosi e confondendosi con altri linguaggi o settori creativi. È così diventata installazione e frammento, ha attinto all’architettura e al paesaggio; ha guardato il design e le arti applicate, si è travestita da object trouvé, ha incorporato il suono o si è messa lei stessa in movimento.
Scegliere di ospitare la scultura nella terza edizione del progetto <1 non ha certo la pretesa di una risposta o di una ricognizione, ma il desiderio di mettere in relazione la struttura e le suggestioni di questo piccolissimo museo con la ricerca di due artisti che trovano oggi nella scultura il loro linguaggio.
Marco Turlini e Simone Cesarini propongono interventi site-specific opposti e vicini allo stesso tempo: astratto uno, figurativo l’altro, entrambi collocati all’interno della cappella, attirati dal possibile dialogo con il cielo stellato e con l’icona mancante.

Marco Turlini parte da un’esperienza intima, minima, per riflettere su temi universali.
“La mia gatta, nei giorni precedenti la sua morte, abbandonava sulla soglia di casa dei piccoli animali; il mio lavoro nasce dall’osservazione di queste inanimate creature.
Ho intuito l’attitudine dell’uomo a far entrare, dal mondo naturale, esclusivamente cose piacevoli, sotto il suo controllo, e a costruire muri che lascino fuori tutto ciò che è brutto e minaccioso.
La soglia di casa diventa così il luogo in cui la natura ci mette al corrente che la sua vita si svolge comunque e con regole proprie, leggi a cui noi tentiamo in tutti i modi di sottrarci.
L’utilizzo della porcellana, materiale nobile e di uso domestico, mi dà la possibilità di mettere in relazione la cruda realtà della morte con la delicatezza dei corpi modellati, facendoli rivivere, affermando attraverso la fragilità della materia, quella della loro vita.”
Nonostante tali asserzioni Martini continuerà per tutta la vita ad essere scultore: qui probabilmente risiede il punto centrale di tutta la questione.
La scultura continua a essere praticata. Forse non si è rinnovata nella direzione indicata da Martini, ma sicuramente ha trovato linfa nuova contaminandosi e confondendosi con altri linguaggi o settori creativi. È così diventata installazione e frammento, ha attinto all’architettura e al paesaggio; ha guardato il design e le arti applicate, si è travestita da object trouvé, ha incorporato il suono o si è messa lei stessa in movimento.
Scegliere di ospitare la scultura nella terza edizione del progetto <1 non ha certo la pretesa di una risposta o di una ricognizione, ma il desiderio di mettere in relazione la struttura e le suggestioni di questo piccolissimo museo con la ricerca di due artisti che trovano oggi nella scultura il loro linguaggio.
Marco Turlini e Simone Cesarini propongono interventi site-specific opposti e vicini allo stesso tempo: astratto uno, figurativo l’altro, entrambi collocati all’interno della cappella, attirati dal possibile dialogo con il cielo stellato e con l’icona mancante.

Marco Turlini parte da un’esperienza intima, minima, per riflettere su temi universali.
“La mia gatta, nei giorni precedenti la sua morte, abbandonava sulla soglia di casa dei piccoli animali; il mio lavoro nasce dall’osservazione di queste inanimate creature.
Ho intuito l’attitudine dell’uomo a far entrare, dal mondo naturale, esclusivamente cose piacevoli, sotto il suo controllo, e a costruire muri che lascino fuori tutto ciò che è brutto e minaccioso.
La soglia di casa diventa così il luogo in cui la natura ci mette al corrente che la sua vita si svolge comunque e con regole proprie, leggi a cui noi tentiamo in tutti i modi di sottrarci.
L’utilizzo della porcellana, materiale nobile e di uso domestico, mi dà la possibilità di mettere in relazione la cruda realtà della morte con la delicatezza dei corpi modellati, facendoli rivivere, affermando attraverso la fragilità della materia, quella della loro vita.”

Simone Cesarini colloca un solido al centro della cappella, che ruota lentamente su se stesso; l'offerta di una concretezza sposta l'allusione al sacro verso i diversi confini della forma e dell'energia.
L'opera gioca su delicati equilibri di forze e, nella rotazione, rafforza il suo senso identitario.
“Le strutture che propongo sono il residuo oggettuale dello spazio che mi circonda, la fruizione mentale dei luoghi che vivo. L’estetica che uso mette in discussione l’architettura non nelle finalità ma nelle fondamenta; adotto un punto di vista che mi fa essere indifferente al ruolo della funzione, a favore di una forma che possa suggerire altri scopi.
Le mie opere sfruttano la seduzione delle superfici in cui il livello materiale è molto presente, divenendo tramite per un mondo alternativo e accessibile. Traggo piacere nel trasmettere simbolicamente gli elementi da cui sono sedotto.”
